Pubblicato: mer, 20 Nov , 2013

Borsellino quater, «Scarantino disse che fu la Palma ad architettare il depistaggio di via d’Amelio»

La rivelazione shock dell’ispettore Catuogno che coinvolge il magistrato siciliano

 

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Vincenzo Scarantino

Si è svolta ieri, di fronte alla Corte d’Assise di Caltanissetta presieduta da Antonio Balsamo, l’udienza del processo “Borsellino quater”. Il primo a salire sul pretorio è stato don Giovanni Neri, parroco di Marzaglia, nel modenese. Il sacerdote, che aveva assunto in parrocchia, Rosario Scarantino, ha riferito di averlo visto più volte parlare con il fratello Vincenzo prima della ritrattazione di quest’ultimo a Como nel novembre del 1998. Ritrattazione che aveva minato l’impianto accusatorio dei processi per la strage di via d’Amelio.

Don Neri, che ha escluso di avere avuto rapporti con organismi o apparati di sicurezza, benché meno con i servizi segreti, ha poi ricordato (su sollecitazione dell’avvocato Vania Giamporcaro) come, dopo avere appreso dell’intenzione di Vincenzo Scarantino di ritrattare, abbia informato la polizia: «L’ho detto all’ispettore Antonio Castaldo, che informò i pm di Caltanissetta dell’intenzione di ritrattare di Vincenzo Scarantino. Per questo quando ci fu l’udienza a Como i pm già lo sapevano e Scarantino rimase sorpreso». «Rosario – ha sostenuto inoltre il prete – ce l’aveva con la dottoressa Ilda Boccassini (o con “la Rossa”, come la chiamava lui), perché l’aveva fatto condannare per droga e sosteneva che Riina era una brava persona».

Successivamente al parroco modenese, è stato ascoltato Luigi Catuogno, l’ispettore di polizia che si occupava della tutela di Scarantino nel periodo in cui era collaboratore di giustizia. Prima di quella famosa ritrattazione di Como, il falso pentito della Guadagna diceva che «la dottoressa Annamaria Palma aveva architettato tutto». Rispondendo alle domande degli avvocati Giamporcaro, Fabio Repici e Flavio Sinatra, il teste ha ricordato che più volte Vincenzo Scarantino aveva affermato che «con la strage Borsellino non c’entrava nulla» e di aver saputo da lui stesso che «conosceva Spatuzza perché avevano fatto affari assieme». «Credo – ha riferito Catuogno – che lo chiamasse “Asparino”».

Annamaria Palma Guarnier, moglie del sottosegretario di Stato alla Salute nel governo Monti, Adelfio Elio Cardinale, è il magistrato che da Palermo venne trasferita negli anni Novanta a Caltanissetta, dove sostenne l’accusa al processo di primo grado sulla strage di via d’Amelio. Non solo, è anche colei che in aula ha indicato Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come «le persone importanti» a cui si riferiva il pentito Salvatore Cancemi.

Un’accusa dirompente, quella emersa dalla deposizione del poliziotto, soprattutto perché è la prima volta che in merito al depistaggio si ipotizza, anche se in via indiretta e tenendo conto della credibilità di Scarantino, il coinvolgimento di un magistrato. Intanto, la stessa Palma (che è stata capo della Segreteria dell’ex presidente del Senato Renato Schifani e oggi vice capo del dipartimento per gli Affari della Giustizia presso il Ministero di via Arenula), ha dichiarato di non aver nulla da dire e di non sapere chi sia l’ispettore Catuogno.

L’ultimo a deporre ieri è stato il funzionario di polizia Luca Burriesci, che nel 1992 aveva frequentato il castello Utveggio di Palermo. Il teste ha ricordato come, «pochi giorni dopo la strage di via d’Amelio, il dottore Genchi mi chiese se avessi notato qualcosa di strano all’Utveggio e se avessi visto movimenti di apparecchiature elettroniche, ma dissi che non avevo notato mai nulla di strano, fatta eccezione per un furgone della manutenzione telefonica che una volta mi aveva bloccato l’auto».

 

 

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