Pubblicato: gio, 27 Feb , 2014

27 febbraio 1933, la notte che segnò l’avvento dei nazisti

81 anni fa il partito nazista, grazie all’incendio del Parlamento, iniziò la sua ascesa al potere
Il Reichstag in fiamme

Il Reichstag in fiamme

La notte del 27 febbraio 1933 il Reichstag, il Parlamento tedesco, bruciò. Fu quello l’inizio, anche simbolico, del potere nazista in Germania.

All’arrivo dei pompieri fu chiaro che l’incendio aveva origine in diversi punti del palazzo, rendendone evidente la natura dolosa. A completare il quadro fu la presenza, all’interno dell’edificio in fiamme, di Marinus van der Lubbe, noto comunista ma famoso anche per la sua instabilità mentale. Una volta avvisati dell’incendio e della presenza di van der Lubbe, il cancelliere Adolf Hitler e il suo braccio destro Hermann Göring colsero la palla al balzo per incolpare del rogo i comunisti. Fu approvato il cosiddetto “decreto dell’incendio del Reichstag” che sospendeva gran parte dei diritti civili e politici garantiti dalla costituzione democratica di Weimar. Fu così che Hitler, legalmente, riuscì a far incarcerare gran parte della dirigenza socialdemocratica e comunista in modo da aver un decisivo vantaggio nelle successive elezioni, le quali videro il partito nazista trionfare con il 44% dei consensi. A quel punto Hitler ebbe gioco facile nel far approvare dal Parlamento la “legge dei pieni poteri”, un provvedimento che permetteva la governo di legiferare tramite decreto, bypassando l’assemblea, in una quantità sterminata di materie. Il combinato disposto della ”legge dei pieni poteri” e del “decreto dell’incendio del Reichstag” instaurava, in maniera formalmente legale, la dittatura in Germania. Fu così che iniziò l’ascesa di Hitler che avrebbe portato, nel giro di un decennio, l’Europa e il mondo alla rovina della seconda guerra mondiale.

Per quanto riguarda il processo per l’incendio, van der Lubbe dopo essere stato interrogato, e quasi sicuramente torturato, dalla polizia si autoaccusò del rogo. Per questo, dopo un processo veloce, fu condannato a morte e decapitato nel gennaio 1934, meno di un anno dopo i fatti. La sentenza, ad ogni modo, riconobbe innocenti i quadri del partito comunista mandando su tutte le furie Hitler che sfruttò l’occasione per istituire un tribunale speciale, chiamato “la Corte del Popolo”, che da quel momento avrebbe avuto competenza esclusive sul tradimento e su una serie di reati politici.

Già dalle prime settimane era evidente che il rogo fosse una montatura dei nazisti per avere l’occasione di un colpo di mano contro le istituzioni democratiche della Repubblica, altre indagini storiche hanno confermato la regia nazista nell’operazione ma hanno anche ammesso che van der Lubbe era davvero, almeno in parte, responsabile materiale dell’incendio.

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