Pubblicato: dom, 16 Mar , 2014

16 marzo 1978, attacco al cuore dello Stato

36 anni fa l’agguato di via Fani che costò la vita ai cinque uomini della scorta di Moro, rapito e ucciso 55 giorni dopo.

 

la scena dell'agguato

la scena dell’agguato

La mattina del 16 marzo del 1978 Aldo Moro stava recandosi, accompagnato dalla scorta, al dibattito parlamentare per la fiducia al governo Andreotti, esecutivo che avrebbe visto la presenza organica del Partito Comunista di Berlinguer in maggioranza. Circa alle 9 del mattino, all’angolo tra via Fani e via Stresa, le due macchine che scortavano il presidente della DC furono bloccate da un commando di terroristi delle Brigate Rosse che uccisero i cinque uomini che avrebbero dovuto proteggere Moro e rapirono l’esponente democristiano. Fu così che iniziò la tragica vicenda del rapimento di Aldo Moro, durato 55 giorni e finito con il ritrovamento del cadavere del leader centrista dentro una Renault 4 rossa in via Caetani.

Secondo la ricostruzione più attendibile, a sparare furono, travestiti da avieri, Valerio Morucci, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari e Raffaele Fiore, mentre Marco Moretti guidava la FIAT 128 che bloccò il convoglio e Bruno Seghetti la FIAT 132 usata per la fuga. Nel frattempo Alessio Casimirri, Alvaro Lojacono e Barbara Balzerani si occupavano di fermare il traffico e Rita Algranati, fuggita prima dell’attacco, aveva il compito di fare da vedetta dando il segnale dell’arrivo dell’auto di Moro in via Fani.

L’agguato fu così ben pianificato ed eseguito che non solo fu condotto in pochi secondi ma il maresciallo Oreste Leonardi, il vicebrigadiere Francesco Zizzi, l’appuntato Domenico Ricci e l’agente di Polizia Giulio Rivera morirono senza neanche essere riusciti ad estrarre le pistole, mentre l’agente Raffaele Iozzino riuscì solamente a sparare due colpi ma senza centrare il bersaglio.

Nelle prime ore subito dopo l’agguato, il Paese intero fu attraversato dall’inquietudine e dallo sgomento. Ma la risposta fu ferma: i sindacati proclamarono lo sciopero generale per solidarietà alla Repubblica, le forze politiche votarono, quasi all’unanimità, la fiducia al governo mentre si rincorrevano gli appelli alla resistenza contro la minaccia terroristica.

I 55 giorni che seguirono, oltre ad essere caratterizzati dalle indagini e dal dibattito tra trattativa e fermezza contro le BR, sono ancora al centro di diverse interpretazioni e ricostruzioni. Nella migliore tradizione italica, il rapimento e l’omicidio Moro fa parte di quel filone di misteri che hanno condizionato per almeno 25-30 anni la nostra Repubblica. Furono davvero solamente le BR a pianificare ed eseguire l’azione? Gli errori durante le indagini furono semplici errori o c’erano all’opera forze che non volevano la liberazione di Moro? I servizi segreti delle due superpotenze sono estranei alla vicenda? Una serie di dubbi che non trovano risposte ma che anzi si alimentano ogni giorno di più.

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